Come il ritorno all’artigianale può rendere i consumatori più sicuri

L’ultimo decennio ha visto nascere una varietà di stili alimentari che ha allargato lo spettro delle diete, costellandolo di alternative culinarie e alimenti che, fino a pochi anni fa, risultavano ancora sconosciuti, almeno per la maggior parte della popolazione italiana.

Nonostante l’esplosione di possibilità, 9 italiani su 10 affermano di seguire una dieta onnivora. Sorge, quindi spontanea, la domanda sul quale possa essere l’impatto che, questa massiva illuminazione alimentare, ha sui consumatori.

Il team di ricerca Scenari si è posto come sfida proprio la realizzazione di uno studio che ha come scopo la comprensione del fenomeno e della sua influenza.

L’indagine Scenari

Tra i tanti onnivori dichiarati, l’1/4 ha affermato di aver cambiato qualcosa del proprio piano alimentare, incrementando di circa 60% il consumo di prodotti bio/naturali, alimenti light, vitamine e alimenti che portano benessere e salute. Nel modo contrario, tra gli intervistati, abbiamo registrato un tasso di riduzione per il consumo di prodotti confezionati pari al 59,7%, con 1 persona su 10 che ha del tutto eliminato il genere in questione dalla propria dieta.

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Il grande mosaico dei nuovi alimenti, scoperti con l’incremento delle possibilità culinarie, ha affinato di molto il grado di ricercatezza dei prodotti, sia per il mercato che per i consumatori; difatti, l’80,5% delle persone ha ormai la tendenza a ricercare autonomamente informazioni su ciò che sta mangiando, partendo dall’etichetta per arrivare a conoscere quanto più si può sul produttore e sui mezzi utilizzati durante la produzione.

In questo modo, il marchio assume un valore subordinato alle informazioni e i valori che ruotano attorno al prodotto. Questo processo bottom to top, ovvero, dal basso verso l’alto, in questo caso partendo dalle informazioni che si è in grado di ricavare, per creare l’identità di un marchio, sta sostituendo man mano i vecchi processi top to bottom, i quali pongono il marchio al vertice della piramide, presentandolo ai consumatori attraverso uno stile comunicativo ben studiato e adattato al settore.

Nel 2021, con la possibilità di ricevere ed emettere continuamente informazioni, si arriva a conoscere un’azienda, dopo aver ottenuto notizie sul modo in cui ricava le materie prime, sulle modalità di lavorazione degli ingredienti e sul grado di sostenibilità ambientale e animale nei processi di lavorazione.

Dallo studio, messo in atto da Scenari, è emerso che il 70% delle persone effettua abitualmente ricerche sui prodotti che consumano e, tra queste, il 20% dichiara di essere in grado di ricavare informazioni direttamente da fonti verificate sul web.

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Il ritorno all’artigianale

All’interno di questo nuovo paradigma, iniziano a giocare un ruolo centrale fattori come la tracciabilità, la rintracciabilità di filiera, l’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) e le certificazioni DOP (Denominazione di Origine Protetta) e DOC (Denominazione di Origine Controllata); ovvero tutti quei sistemi e processi che permettono di ricostruire la storia del prodotto, dalla tavola al campo, attraverso l’utilizzo delle informazioni tracciate lungo tutta la filiera, fino alla vendita al consumatore finale.

Questo nuovo modo di intendere il benessere alimentare innalza le proprie mura sull’abbandono di tutti quegli aspetti propri dell’industria alimentare, come l’implicazione di macchinari durante la produzione e l’utilizzo di ingredienti additivi per la conservazione a lunga durata degli alimenti.

I nostri ricercatori possono affermare che: il consumatore del 2021-2022 sceglie 9 volte su 10 una lavorazione artigianale a quella industriale, seguendo ideali di naturalità e sicurezza, oltre che a quelli di benessere animale e sostenibilità.

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La lavorazione artigianale è ormai fortemente arginata dal concetto di salute; il ritorno alla manualità, in sostituzione all’utilizzo di macchinari per la produzione, e ai processi di verifica dettagliata, possibili soltanto su una lean production, fanno sentire il consumatore molto più vicino al prodotto e, la sensazione di controllo su ciò che si sceglie di consumare, vince su ogni altra strategia.

Non bisogna commettere, però, l’errore di pensare al nuovo paradigma, del settore alimentare, come un punto indipendente rispetto ai sistemi capitalisti di consumo e produzione.

Quanto espresso in questa pubblicazione, ha lo scopo di sottolineare l’evidente passaggio di preferenza a un prodotto che, nella sua lavorata naturalità, possa donare percezioni di sicurezza e sostenibilità, al fine di rendere più piacevole il consumo dello stesso.

I cambiamenti, come spiega Mark Fisher, vengono rapidamente inglobati dalla realtà capitalista, senza eccezione alcuna, e questo modello, contrariamente a quello discusso in queste righe, è impossibile da scardinare.


Francesco Del Prete

 

 

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